Asimmetria Rotazionale dell’anca e lombalgia ( Hip-Spine Syndrome)

Dott. Matteo Pennisi

Centro Europeo Colonna Vertebrale – Messina

 

 

La lombalgia rappresenta una delle patologie certamente più frequenti e diffuse. Come ben conosciuto la sua eziologia può essere multifattoriale ed essa stessa può rappresentare il sintomo espressivo di altre malattie. Molto spesso  la causa principale è da ricercare in fattori biomeccanici non sempre   localizzati soltanto a livello del tratto lombosacrale, ma che spesso  possono agire attraverso meccanismi anche complessi a partenza da distretti a volte anche lontani, basta per esempio ricordare l’influenza che a livello del rachide possono esercitare  l’appoggio plantare, disturbi odontoiatrici o patologie muscolo-legamentose.

L’esame obiettivo classico in presenza di lombalgia presuppone quindi una attenta valutazione di tutta una serie di parametri riguardanti l’assetto biomeccanico della colonna vertebrale, la postura nel suo insieme, il bilancio muscolo-legamentoso, la ricerca di patologie di ordine viscerale.

Ma esiste un fattore molte volte trascurato in questa ricerca, spesso non messo in correlazione con la presenza di una lombalgia, e cioè la funzionalità delle articolazioni coxo-femorali, ed in particolare le asimmetrie rotazionali dell’anca (ARA).

Infatti le disfunzioni biomeccaniche rotazionali delle articolazioni coxo-femorali possano influire sulla fisiologia del giunto lombosacrale generando sovraccarico e quindi patologia dolorosa, generando una “Hip-Spine” Syndrome .

Anche Ellison in uno studio comparativo di soggetti sani e soggetti con dolore lombosacrale  ha evidenziato un’asimmetria nei movimenti di rotazione dell’anca statisticamente più significativa nei pazienti sofferenti di lombalgia. Più recentemente Vad ad al. Hanno riscontrato una maggiore incidenza di lombalgia in giocatori di golf in cui era presente un deficit della rotazione interna dell’anca.

La rotazione dell’anca può avere importanti ripercussioni a livello della giunzione lombosacrale, infatti analizzando il passo pelvico  notiamo che durante la fase di oscillazione il bacino ruota fino a 15°-20° in avanti, utilizzando l’articolazione coxo-femorale di appoggio come  fulcro per la rotazione; in pratica durante il passo pelvico il bacino si sposta in avanti utilizzando come fulcro un’articolazione coxo-femorale che intraruota, mentre l’altra extraruota attivamente, ed è intuitivo che una diversa funzionalità articolare generi tensioni di diverse grandezze trasmesse ai due estremi della pelvi dovute oltre al disfunzionamento articolare specifico, anche alle resistenze delle strutture passive capsulo-legamentose ed ai muscoli interessati dove si crea uno squilibrio di forze con ripercussione a livello della giunzione lombosacrale.

Infatti il passaggio lombosacrale necessariamente deve mediare tra il movimento di rotazione pelvica al di sotto e la rotazione opposta del rachide al di sopra a partire da T1( durante il passo la prima vertebra dorsale attua una rotazione di 5° mentre a livello della settima vertebra dorsale le rotazioni si annullano per ritrovare una rotazione inversa di 8° a livello dell’ultima vertebra lombare) .

Disfunzionamento del giunto vertebrale in seguito ad alterazione del movimento a livello dell’articolazione coxo-femorale

In definitiva quindi le alterazioni della rotazione coxo-femorale influenzano le tensioni agli estremi della pelvi, tensioni che possono generare un disfunzionamento con sovraccarico del giunto lombosacrale.

 

 

 

 

 

Nel corridore questo meccanismo viene esaltato, specie sulle lunghe distanza, potendo generare una patologia dolorosa del tratto lombare anche notevolmente invalidante.

 

 

 

E’ possibile identificare  due categorie principali di ARA: il tipo I, in cui la differenza di escursione articolare viene riscontrata in maniera uguale bilateralmente, ed un  tipo II, in cui l’asimmetria interessa l’escursione articolare di un lato diversamente dal lato controlaterale, creandosi così un’ulteriore motivo di squilibrio biomeccanico.

Partendo da questi presupposti teorici e clinici è possibile approntare un protocollo riabilitativo mirato alla possibile correzione dello squilibrio rotazionale pur ben sapendo che questa  valutazione preliminare non può prescindere dal considerare nella sua globalità il comportamento di altri gruppi muscolari che possono partecipare all’instaurarsi della patologia.

Il trattamento riabilitativo mira a riequilibrare la tensione muscolare dei muscoli rotatori esterni ed interni e delle strutture capsulo-legamentose; naturalmente all’interno di un lavoro più ampio:

I fase: lavoro segmentario di detensionamento dei muscoli rotatori interni, Rolfing, pompage, massoterapia .

II fase: lavoro propriocettivo, posture e percorsi in intrarotazione, posture lavorative

CONCLUSIONI:

In definitiva è evidente come una valutazione di una eventuale presenza di un’ARA generante un sovraccarico disfunzionale a livello del passaggio lombosacrale possa aiutare a meglio interpretare la presenza di determinate lombalgie di tipo meccanico , specie in soggetti sportivi praticanti la corsa su lunghe distanze. L’utilizzo di una terapia riabilitativa specifica, nei casi selezionati in seguito ad una valutazione specialistica  in grado di definire la diagnosi eziologica, ove possibile,  può fornire risultati soddisfacenti.

 

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