La fascite tibiale è una patologia dolorosa da sovraccarico comune nel corridore. La conoscenza del meccanismo eziopatogenetico aiuta alla prevenzione ed alla terapia.

LA FASCITE TIBIALE (medial tibial stress syndrome)

Dott. Matteo Pennisi

La fascite tibiale o sindrome da stress mediale della tibia (MTSS) è una delle più comuni patologie dolorose  da sovraccarico riscontrabili in chi esercita lo sport della corsa.

Più comunemente interviene in atleti che hanno iniziato l’attività podistica nella tarda adolescenza ed in atleti principianti per insufficiente preparazione e resistenza biomeccanica delle strutture.

Il dolore inizialmente si localizza lungo la parte interna della superficie mediale della tibia, in corrispondenza dell’inserzione sulla tibia dei muscoli flessore lungo delle dita del piede,  soleo e tibiale posteriore. La sintomatologia dolorosa a volte può irradiarsi fino al ginocchio, ed è più intensa all’inizio della corsa ma può diminuire durante l’esercizio fisico per poi ricomparire a distanza dopo il raffreddamento della muscolatura.

Le cause:

La contrazione del flessori del piede potrebbe trasmettersi all’inserzione  della fascia tibiale a livello della cresta tibiale mediale creando un eccesso di  tensione fasciale.

Una esagerata pronazione del piede causante un aumento del lavoro del muscolo soleo, il retropiede valgo ed una anomala torsione tibiale possono essere associate  all’eccessiva trasmissione delle forze. Un’altra concausa può essere rappresentata da una esagerata rigidità del piede o ad anomalo allineamento biomeccanico degli arti inferiori.

Una ridotta elasticità del tricipite surale può essere causa di aumentata trasmissione delle forze.

Naturalmente calzature poco ammortizzanti o logorate, la corsa su superfici eccessivamente dure, la pronazione accentuata, un allenamento esagerato od un aumento dei tempi e dei carichi con brusco aumento delle distanze settimanali possono essere cause concomitanti.

Un apposito studio ha evidenziato come in un alto numero di sogetti affetti da MTSS in seguito alla comparsa del dolore si assista alla diminuzione della densità ossea alla giunzione tra terzo medio e terzo distale della tibia a livello dell’inserzione sovraccaricata; la densità dell’osso ritorna normale dopo la scomparsa del sintomo dolore in seguito al riposo sportivo.

Alla palpazione il dolore viene evocato pressando sulla superficie mediale della tibia, di solito in corrispondenza del passaggio tra terzo medio e terzo inferiore dell’osso.

La diagnosi differenziale va posta con la periostite, una frattura da stress della tibia e con la sindrome del compartimento anteriore; la fascite tibiale del resto può precedere, perdurando il sovraccarico biomeccanico, la frattura da stress.

Le donne con un indice di massa corporea  minore di 21 kg/m sono significativamente più a rischio per fratture da stress tibiali e traumi della colonna.

Il dolore da fascite tibiale di solito non è presente nelle fasi di recupero, pur mantenendosi il dolore alla digitopressione della tibia. Nella frattura da stress invece è presente sia in fase di recupero ed a riposo che durante l’attività.

In presenza di una fascite tibiale effettuando  lo stretching il più delle volte il dolore aumenta, mentre nella frattura da stress della tibia il dolore pur presente non viene modificato dallo stretching .

La fascite tibiale può essere in larga misura prevenuta, con una corretta preparazione ed un apposito ciclo di allenamenti pre gara con un aumento progressivo e costante di frequenza ed intensità dell’esercizio.

La terapia consiste nell’applicazione di ghiaccio locale (15 minuti tre volte al giorno ed ogni volta dopo l’esercizio motorio) ,  nel riposo attivo variabile in tempo e modalità a seconda del quadro clinico e delle caratteristiche dell’atleta (in media da un minimo di 3 a 6 settimane), durante il quale si continua a praticare attività motoria mirata a mantenere e migliorare le funzioni cardiovascolari, l’elasticità, il tono ed il trofismo muscolari,  l’abilità propriocettiva.

 

Riabilitazione propriocettiva

Riabilitazione propriocettiva

E’ indicato anche un ciclo di stretching (3-4 volte al giorno), in particolare di gastrocnemio e soleo per elasticizzate la muscolatura e rendere meno brusca  la trasmissione delle forze.

Nella prima settimana di riposo sportivo  possono essere consigliati nuoto e cyclette (usando i rapporti più bassi).

Nei casi più gravi può essere indicata una specifica chinesiterapia in acqua.

In fase avanzata di recupero può essere utilizzato un lavoro specifico con macchina (step) ponendo attenzione all’eventuale manifestarsi del dolore, che deve sempre essere evitato in ogni fase del processo riabilitativo.

Il ritorno all’attività sportiva agonistica avviene gradualmente e sempre rispettando la regola del non dolore, sia soggettivo che evocato dalla palpazione, ed è consentito solo quando la forza dell’arto interessato ha raggiunto almeno il 90% rispetto all’arto controlaterale,

Naturalmente va presa anche in considerazione l’adozione di ortesi plantari per correggere gli eventuali squilibri biomeccanici del piede ( il più comune è l’eccessiva pronazione) e dell’arto inferiore dopo un attento studio clinico e strumentale, sia statico che dinamico.

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