Dott. Matteo Pennisi

Il carico ripetitivo sulla colonna vertebrale è considerato comunemente un fattore contribuente al potenziale sviluppo della degenerazione del disco intervertebrale.

Generalmente  la corsa viene quindi considerata come un elemento di sovraccarico dei dischi del tratto lombare e conseguentemente potenzialmente dannosa o perlomeno non utile al metabolismo del disco intervertebrale, in quanto nell’uomo il suddetto metabolismo del disco sarebbe troppo lento per rispondere positivamente all’esercizio fisico nel corso della vita.

Anatomia del disco:
l disco intervertebrale è costituito anatomicamente da una solida fibrocartilagine periferica a struttura lamellare a strati concentrici di tessuto fibroso, l’anulus fibroso, che racchiude una parte centrale, il nucleo polposo, composto principalmente da acqua (circa 85% nei soggetti normali giovani), macromolecole glicoproteiche (proteoglicani) e collagene.

FUNZIONE DEL DISCO

La funzione del disco è quella di ricevere le sollecitazioni dovute ai carichi agenti sulla colonna e di distribuirle in modo uniforme all’anulus ed alle strutture confinanti.

Il nucleo polposo funge da ammortizzatore naturale capace di ricevere e distribuire uniformemente le forze di compressione a cui nell’arco della vita è costantemente soggetta la colonna vertebrale, grazie alla pressione idrostatica che si produce al suo interno, ricco di acqua.

L’anello fibroso è composto da fibre di collagene orientate strutturalmente secondo piani inclinati da 45°a 65°, in modo da svolgere al meglio la precisa funzione di trattenere e proteggere il nucleo polposo posto al suo interno, collaborando quindi a conferire la necessaria robustezza all’insieme.

 

La funzione di ammortizzamento svolta dai dischi intervertebrali è particolarmente rilevante a livello della regione lombare della colonna, dove la colonna viene maggiormente sollecitata biomeccanicamente dalle forze ed i carichi provenienti dall’alto ma anche dalle sollecitazioni provenienti dall’arto inferiore.

Per questa ragione tra la prima vertebra lombare e la quinta vertebra lombare i relativi dischi intervertebrali arrivano a raggiungere uno spessore  proporzionalmente maggiore rispetto ai corpi vertebrali degli altri segmenti soprastanti della colonna, dove ovviamente i carichi biomeccanici sono minori.

Uno studio di Belavy ed al. pubblicato nel 2017 ha evidenziato invece come la pratica abituale  della corsa negli uomini e nelle donne sani si possa associare ad una migliore composizione  (idratazione e contenuto di proteoglicano) del disco intervertebrale ed alla sua ipertrofia.

Tramite la valutazione quantitativa dell’attività fisica svolta dai soggetti sottoposti allo studio è stato riscontrato come le accelerazioni durante la camminata veloce e la corsa lenta (2 m/s), ma non le attività ad alto impatto, la camminata a bassa intensità o le posizioni statiche, fossero correlate al riscontro di caratteristiche positive del disco intervertebrale non affetto da patologie.

La scoperta principale è stata che i corridori e i jogger di lunghe distanze senza precedenti segni di significative lesioni dei dischi hanno evidenziato livelli migliori di idratazione e contenuto di glicosaminoglicano rispetto agli individui sedentari.

Oltre alle differenze compositive, è stata ritrovata evidenza di ipertrofia del disco intervertebrale nei corridori di lunga distanza in cui l’altezza del disco intervertebrale misurata in rapporto a quella del corpo vertebrale, era maggiore rispetto al gruppo di controllo non esercitante attività fisica.

L’ipertrofia del disco intervertebrale quindi potrebbe benissimo essere una sua risposta adattativa al carico abituale durante l’alenamento nei praticanti la corsa, al fine di meglio svolgere le funzioni di modulazione ed ammortizzazione del carico biomeccanico. Questo meccanismo del resto è da considerarsi analogo e simile a quello già ben conosciuto delle risposte di rinforzo del tessuto muscolare e di quello osseo in seguito all’allenamento di resistenza e sotto carico.

Questi dati suggeriscono quindi come l’adattamento dei tessuti conseguente all’esercizio regolare possa avvenire sia nei tessuti muscolari ed ossei come anche nel disco intervertebrale umano.

Nel complesso, i risultati dello studio forniscono un credibile supporto all’ipotesi che una positiva risposta adattativa, anabolica e ipertrofica all’esercizio fisico di camminata veloce o corsa lenta sia possibile nel disco intervertebrale sano dell’uomo.

Nonostante il carico ripetitivo della colonna vertebrale durante la corsa, i risultati dello studio non hanno mostrato alcun effetto dannoso sugli elementi e le strutture del tratto lombare.

La prova che il disco intervertebrale dell’uomo a livello lombare possa rispondere positivamente a determinati e ben condotti tipi di carico può rivestire implicazioni importanti per la salute pubblica ed il Sistema Sanitario Nazionale.

La lombalgia infatti rappresenta costantemente uno dei maggiori costi per le società sviluppate in termini di disabilità ed assenza dal lavoro, ed in questo la degenerazione e l’ernia del disco partecipano in maniera prevalente.

La consapevolezza di questi meccanismi e la comprensione di quali potrebbero essere quindi i carichi ottimali consigliabili per la colonna potrebbero fornire ottime indicazioni per lo sviluppo delle linee guide mirate alla prevenzione e la gestione del dolore nella lombalgia.

Beavy DL., Quittner MJ., Ridgers N., Ling Y., Connell D., Rantalainen T.: Running exercise strenghtens the intervertebral disc: Scientific Reports, 2017

Dott. Matteo Pennisi

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